La reputazione del coach: ciò che parla di te anche quando non sei nella stanza
Nel coaching contemporaneo la reputazione non è un dettaglio, né un tema di marketing. È una variabile centrale della relazione professionale. In un mercato sempre più affollato, ciò che fa la differenza è come un coach viene percepito nel tempo, per poi permettere alle persone di indagare meglio sul professionista.
La reputazione non coincide con la visibilità. Si costruisce anche lontano dai riflettori, nel modo in cui si tengono i confini, si comunica una posizione, si risponde a una richiesta che non è allineata. Ed è spesso ciò che precede la prima sessione: il motivo per cui una persona decide di fidarsi.
Reputazione fondamentale, ma composta da cosa?
Negli ultimi anni, diverse riviste autorevoli di area business e psicologia applicata hanno sottolineato come la fiducia professionale sia sempre più legata alla coerenza percepita. Un articolo dell’Harvard Business Review evidenzia come, nelle professioni di aiuto e consulenza, le persone scelgano non tanto il “migliore in assoluto”, quanto il più credibile ai loro occhi.
Nello specifico l’articolo analizza questo studio che parla della scelta di un coach tra esperienza o formazione. Lo studio evidenzia che la qualità percepita del coaching dipende più dalla formazione che dall’esperienza.
I coach con credenziali sono, nel bene e nel male, percepiti come più competenti. Al contrario, l’esperienza da sola risulta non essere un indicatore fondamentale di selezione. In un mondo fatto di immagine, è anche normale che il committente cerchi parametri oggettivi su cui basarsi per scegliere il “miglior coach per sé”.
Reputation bias e costruzione della reputazione
Cadiamo tutti nel “reputation bias”, una distorsione cognitiva per cui il giudizio su una persona, un professionista o un’organizzazione viene influenzato in modo sproporzionato dalla reputazione preesistente, più che dall’osservazione diretta dei comportamenti o dei risultati attuali.
La reputazione non si costruisce contro la concorrenza (!), ma al di fuori della logica comparativa. È un processo lento, fatto di formazione e di esperienza insieme. Non a caso, i pilastri delle competenze distintive individuate dall’associazione AICP, che riconosce il nostro corso professionalizzante, sono proprio: autonomia e responsabilità.
Due macro aree che non si smette mai di coltivare e che si basano proprio sui due pilastri di una professione: formazione ed esperienza continue. La reputazione è una costruzione lenta, cumulativa, che nasce dall’allineamento tra ciò che si dichiara e ciò che si incarna.
Essere coach di sé stessi prima di fare coaching
Qui entra in gioco un punto spesso trascurato: la reputazione di un coach è inevitabilmente influenzata da quanto sa essere coach di sé stesso. Non in senso ideale o perfetto, ma in termini di responsabilità personale, consapevolezza dei propri limiti e congruenza tra valori e azioni.
Come scriveva Carl Rogers, «le persone non ascoltano ciò che diciamo, ma ciò che siamo». Anche se Rogers non parlava di coaching in modo diretto, il principio resta valido. Un coach che comunica equilibrio e capacità di gestione, trasmette affidabilità ben prima di qualsiasi tecnica. E questo vale indipendentemente dal canale utilizzato: aula, colloquio, articolo, social.
La reputazione si costruisce nei dettagli
Come evidenzia quest'altro studio, menzionato dall’European Journal of Coaching Psychology, la credibilità del coach è fortemente legata alla trasparenza del ruolo e alla chiarezza comunicativa, più che alla promessa di risultati.
Cito: «This study explores the virtues needed to be a good coach. In contrast to the considerable focus on competencies, there has been little discussion about what the character traits of a coach should be. […] This identified six virtues: wisdom, temperance, courage, loyalty, non-judgemental and attentive…».
E se lo traduciamo risulta: «Questo studio esplora le virtù necessarie per essere un buon coach. In contrasto con la forte attenzione tradizionalmente posta sulle competenze, vi è stata finora una scarsa discussione sui tratti di carattere che un coach dovrebbe possedere. […] L’analisi ha identificato sei virtù fondamentali: saggezza, temperanza, coraggio, lealtà, atteggiamento non giudicante e attenzione…».
Reputazione e formazione: un tema che non lasciamo al caso
Nel corso Diventa Coach Professionista questo tema non viene lasciato all’improvvisazione. Oltre a una formazione basata sulla coltivazione delle competenze distintive AICP, tre lezioni sono dedicate in modo specifico a marketing etico, presentazione di sé, comunicazione dell’immagine e uso consapevole dei social.
Non per insegnare a “vendere”, ma per aiutare ogni futuro coach a costruire una presenza coerente, sostenibile e rispettosa del ruolo. Perché la reputazione non si improvvisa, e non si delega. Si forma, esattamente come il coaching.




